La sua poesia “Corona” ha fatto il giro del web, seguitissimo sul suo account Instagram @ilcanticodeiversi, Davide Avolio con le sue parole tocca il cuore di chi lo legge.

Davide ha 20 anni e vive a San Giorgio a Cremano, in provincia di Napoli, dove ha conseguito il diploma di maturità classica.Da sempre appassionato alla poesia, pubblica nel 2017 la sua prima raccolta poetica “Sui propri passi” con la Casa Editrice BookSprint Edizioni, ora disponibile anche negli store della Mondadori.

Attualmente frequenta il dipartimento di Giurisprudenza presso l’Università degli Studi di Napoli “Federico II” e si impegna ogni giorno a diffondere il piacere della lettura e della scrittura poetica.

In questa intervista ci ha parlato della sua giovane carriera di poeta e della potenza dell’arte come strumento utile per alleviare gli animi di tutti noi, che, in questo periodo, più che mai, abbiamo bisogno di sentire un po’ d’amore e solidarietà.

1) Quando è stato il momento in cui ti sei reso conto che la poesia era diventata una “cosa seria”? 

Mi sono reso conto che la poesia fosse diventata una parte inscindibile di me nel momento in cui mi sono reso conto di essermi innamorato per la prima volta. Risalgono più o meno a quel tempo i miei primi scritti “poetici”.
Avevo quattordici anni e la sensazione dell’amore fu qualcosa di completamente nuovo che stravolse totalmente la mia vita. Mi sentii cullato, al contempo devastato e divorato da questo bruciante amore adolescenziale. E la Poesia, come deus ex machina, venne dal cielo, porgendomi il suo aiuto.

Fu riordinatrice di quei sentimenti, ma allo stesso tempo seppe armonizzarli e valorizzarli, infiammarli senza mai farne scaturire incendi. La poesia si è fatta strada dentro di me come una lama e ha saputo sedimentare come se fosse magma esposto all’atmosfera. Adesso distinguerci è ormai impossibile, i miei sogni, le mie speranze e le mie paure, hanno tutte la faccia della poesia.

2) Il tuo stile e il modo in cui affronti alcune tematiche – quelle d’amore per esempio – ricordano i poeti ermetici. Ti definiresti come uno di loro? 

Senza dubbio il mio stile è influenzato dalla poesia ermetica, una delle correnti letterarie che più apprezzo, ma non sento di potermi neanche lontanamente affiancare ai grandi di quella stagione, la cui voce funge solo da nobile ispirazione per i miei versi.
D’ altronde uno degli scopi principali del mio scrivere poesia è quello di diffondere maggiormente il contenuto poetico, al fine di far avvicinare quante più persone ad un mondo letterario che, gradualmente, sta sfiorendo e l’ermetismo (per la sua notoria “complessità”) non aiuterebbe in ciò.

Voglio essere ricordato come uno dei tanti (poiché vi assicuro che siamo davvero tanti giovani – con molto talento – a scrivere ancora di poesia) che nel periodo più buio della poesia ha combattuto per mantenerla in vita, sfruttando un social: uno dei mezzi che ha lentamente annientato il valore poetico.

3) Hai qualche trucco del mestiere che ti senti di condividere con i lettori? Qual è il momento della giornata più “giusto” per scrivere? 

In realtà non saprei realmente quale momento della giornata inquadrare come “momento topico” per scrivere. Mi capita di scrivere anche mentre studio diritto o mentre seguo la lezione all’università.
Mi è successo di sentire l’esigenza di scrivere stando sul tapis roulant in palestra o sdraiato nel letto, poco prima che il sonno mi assalisse.
Riguardo ai trucchi del mestiere, mi sento di dire una sola cosa in proposito: per scrivere di poesia bisogna leggere di poesia, imparare le poesie a memoria. Perchè, come diceva Calvino, le poesia fanno compagnia, servono a ristorare la mente e ad elevare lo spirito.

Leggere i grandi autori del passato è fondamentale, partendo dalla classicità greco-romana, ma è nondimeno di vitale importanza leggere gli autori contemporanei e lentamente cercare di sviluppare una propria identità poetica.
La poesia serve a rispecchiare il mondo in cui viviamo, trovo insensato continuare a scrivere con arcaismi, latinismi e secondo uno stile legato alla lirica leopardiana ( senza neanche sfiorare l’immensità di Giacomo Leopardi, sempre sia lodato ). Bisogna innovarsi, sperimentare, camminare coi nostri tempi indicando loro nuovi modi di espressione emozionale.

4) In questo periodo molti artisti hanno risposto alla campagna #iorestoacasa e tu hai fatto altrettanto. L’arte ha la straordinaria capacità di creare “ponti” tra le persone. Hai qualche aneddoto da raccontarci al riguardo? 

Grazie al “successo” riscosso su Instagram, sono riuscito a creare innumerevoli ponti con le persone che mi seguono e a conoscere molto delle loro emozioni. Spesso chiedo loro di scrivermi un personale stato d’animo per provare a raccontarlo tramite i versi e così immedesimarmi con le loro sensazioni. Solitamente ciò che scrivo li colpisce, soprattutto per la capacità empatica di esser riuscito a penetrare a fondo nei loro stati d’animo.

Questo è il ponto più bello che la poesia potesse regalarmi: un ponte umano, una connessione fra anime.

5) Credi che la poesia possa nascere e crescere anche sui social? Qualche scrittore ha sollevato alcune polemiche al riguardo…

Questo è ciò che affermano coloro i quali non riescono a riscuotere alcun consenso con le loro “poesie” sul social poiché troppo legati ad una concezione arcaica del fare poesia o perché semplicemente ciò che scrivono non ha alcun valore poetico. Cos’è il valore poetico?
Nessuno sa dirlo perfettamente in verità, nessuno può definire la poesia e inquadrarla ed è questo che la rende così maledettamente malleabile e corruttibile. E quindi perché la poesia diffusa sul mezzo principale di fruizione odierno non dovrebbe essere tale? I poeti prima di noi utilizzavano i giornali e i salotti. Erano i loro principali mezzi di diffusione. Oggi noi abbiamo i nostri, essere anacronistici non giova a nessuno.

È vero: Instagram non consente una riflessione troppo profonda ed è molto basato sull’impronta che il verso ti lascia, tuttavia non bisogna fare di tutta l’erba un fascio. Ci sono molte persone che nonostante il social, impiegano molto tempo nell’attenta riflessione poetica.
I miei testi non sono mai privi di riferimenti, figure retoriche e trame più o meno importanti, per quanto talune liriche possano essere dirette proprio perché finalizzate alla pubblicazione social. A tal scopo ho aperto il blog in cui pubblico poesie più “vecchio stampo” in cui la lettura chiede tempo maggiore e riflessione approfondita.

Ad ogni modo poesia non deve essere per forza “complicata” o difficile da comprendere. Allontaniamoci da questa idea. E questo non significa che debba essere banale o arrivare ad imitare la prosa, è possibile anelare il sublime anche utilizzando due parole. “M’illumino d’immenso”

6) Quale altro consiglio daresti a chi vuole emergere come poeta o a chi ha già incominciato un percorso artistico di questo genere?

Sono ancora in cerca personalmente di questi consigli poiché non sono un poeta, dal momento che non vivo di poesia. Emergere in questo mondo sarà per noi molto arduo, ma farne un senso vitale mi porterà ad essere sempre più determinato a raggiungere il mio obiettivo, che non è tanto riuscire a campare con le raccolte poetiche vendute, ma far sì che la poesia ritorni ad essere uno dei più potenti mezzi di diffusione d’idee al mondo.
Morirò contento sapendo che sia tornata ad occupare il posto che le spetta.

7) Oggi, per essere considerati sui social, bisogna pubblicare spesso e stare al passo con quello che succede nel mondo. Qual è il ruolo del poeta nella società di oggi rispetto a quello del passato? 

Certo, è fondamentale. Le persone vivono al passo coi tempi e pertanto il ruolo del poeta contemporaneo è quello di esprimere il vissuto quotidiano attraverso la nobile forma poetica. Denunciare ciò che accade nel nostro mondo, stare dalla parte dei deboli, degli emarginati, dei diseredati e raccontarne il giorno e la vita, è uno dei punti fondamentali.

Il tema dell’immigrazione è uno di quelli più trattati da me, anche nella mia prima raccolta “Sui propri passi”, poiché in quanto “poeti” abbiamo l’obbligo di adempiere a questa missione: raccontare non solo l’amore ma anche le sue ombre, la paura, la solitudine, la condizione di miseria.

8) A quale poeta o a quali poeti ti ispiri? Alcune volte “giochi” con alcuni autori del passato riscrivendo versioni moderne delle loro poesie, come la tua, “L’infinito (e Oltre)”, che si ispira a “L’Infinito” di Giacomo Leopardi…

La poetessa che senza dubbio ha avuto più importanza nella mia vita e ha influenzato di più la mia scrittura è Alda Merini. Leggevo Alda Merini ancor prima di iniziare a scrivere, ancor prima di poter comprendere realmente ciò che volesse trasmettere attraverso i suoi versi.
Ad oggi Franco Arminio è un baluardo poetico che leggo molto e rispetto profondamente, tanto da poter affermare con certezza che la poesia composta dai diciannove anni in poi sia totalmente ispirata dalle sue magnifiche liriche.

Riguardo ai poeti del “passato” Montale e Ungaretti sono fra i due italiani che più hanno lasciato un segno indelebile nel mio cuore. Leopardi mi ha fatto le ossa, i suoi testi sono stati per me oggetto di studio intenso e di comprensione, mi ha guidato verso il significato della parola “poesia” e mi ha permesso di capire come siano labili e indefiniti i confini di ciò che può esser considerato “poesia”, guidandomi nel vago e nell’evocativo, educando la mia mano alla scrittura. La mia “riscrittura” dell’Infinito è un tentato omaggio alla sua immensità, neanche lontanamente paragonabile.

Poi mi sentirei di citare Hikmet, Pavese, Patrizia Cavalli, Kavafis, Dante Alighieri, Baudelaire, Catullo ed Orazio, nonché Alceo, Saffo ed Anacreonte.

9) Cosa ne pensi del diritto d’autore? Ti è mai capitato di essere copiato?

Ne sentiamo tanto parlare, e ne leggiamo tanto altrettanto. Non mi dilungherò su cosa sia il “diritto d’autore” ma preferirei piuttosto approfondire in merito all’importanza di tutelare le proprie opere che, per l’appunto, è quel che fa questo diritto.

Parto da una domanda retorica: in quanto genitori, proteggereste vostro figlio? E dico retorica perché la risposta è scontata: sì, con tutta la vostra forza. Le opere dell’ingegno, che siano poesie, racconti o canzoni, vanno riconosciute. Ed è ciò che fa il diritto d’autore: apporre un timbro sull’opera, darle identità, un cognome che faccia sapere a tutti da chi sia stata generata, chi sia suo padre/madre.

Io sono Davide Avolio e scrivo principalmente poesia ( inoltre studio Giurisprudenza ) e difendo le mie opere perché ritengo sia fondamentale che ciò che produco non resti orfano.
Non lasciamo che lo spazio artistico diventi un immenso orfanotrofio, scegliamo il diritto d’autore, scegliamo la protezione.

10) Se tra tutte le tue poesie dovessi salvarne una, quale sceglieresti?

Una domanda che pesa come un macigno sul mio cuore, a cui risponderò chiedendo: se tra tutte le tue figlie dovessi salvarne una, quale sceglieresti?

Tuttavia, essendo la domanda (che è davvero interessante) basata su un “assurdo” risponderei dicendo che mi sento di indicare come mio “testamento poetico” ad oggi, la poesia “Poeta”. La lascio qui sotto e colgo l’occasione per ringraziarvi per le domande interessanti.

Il poeta

Una croce, uno scettro
una spada
ognuno in un ruolo o una nicchia
può porsi e definirsi
ma non il Poeta
proiezione del firmamento
nell’animo umano,
figlio del tempo che scorre
e mai si muove
non a lui è stata data
benedizione, promessa,
un destino cupo, di sofferenza
è questa la verità che terrorizza
ogni Poeta
la consapevolezza di essere tremendamente
solo
nella struggente lotta con l’infinito
quest’enorme macchina che divora
e che oggi chiede di consumare
di dilaniare, per poi ogni cosa
buttare
oggi è richiesto il rifiuto
e i Poeti non possono rifiutarsi
di essere incatenati nella prigione
che essi stessi si sono costruiti

Ai Poeti non fu data altra scelta
che innamorarsi senza mai poter
scegliere chi o cosa
amare

La confusione fra l’Uomo e il Verso
chi dovrei amare io di più?