Come abbiamo scritto in un articolo precedente, alcuni mesi fa è uscita la notizia che il Vaticano, per il francobollo di Buona Pasqua 2020, ha “adottato” una delle ultime opere della nota street artist romana, Alessia Babrow.

il francobollo di Buona Pasqua 2020

L’opera in questione è la rielaborazione della famosa “Ascensione” del pittore tedesco Heinrich Hofmann (1824-1911), scoperta per le strade di Roma da Mauro Olivieri, direttore dell’Ufficio filatelico e numismatico vaticano.

Un messaggio fortissimo lanciato dalla Santa Sede che ha scelto un Cristo che risorge apparso sui muri di Roma, un chiaro segno di innovazione e di apertura al contemporaneo.

Il Vaticano però ha iniziato a riprodurre l’opera della street artist Alessia per farne il nuovo francobollo celebrativo della Pasqua 2020 senza citarla come autrice.

L’abbiamo intervistata per fare un po’ di chiarezza sulla vicenda.

La tua opera ha un significato molto profondo. Ce lo puoi spiegare?

Sì, certamente. L’opera fa parte di un progetto di Guerilla Marketing (NdR, forma di marketing non convenzionale che sfrutta strumenti low cost per massimizzare i risultati) che ho avviato molti anni fa: “Just Use It”, il cui messaggio è palese nel suo simbolo, il grande cuore e nello slogan riportato sopra.

Alessia Babrow e il cuore con il messaggio “Just Use It”

Sarebbe una rielaborazione della nota campagna pubblicitaria della Nike che voleva essere un invito ed uno stimolo ad usare l’intelligenza e il cervello del cuore affinché tanti errori del passato non vengano ripetuti, considerato che la sua validità è ormai scientificamente dimostrata con studi e ricerche iniziati già negli anni ‘60.

Tutti i miei progetti e le mie opere sono sempre aperti e si contaminano tra loro nel tempo, rinnovandosi e ricreandosi continuamente in un processo che si evolve con me.
Da un paio di anni ero alla ricerca di un’immagine di Cristo per poterne fare un’opera di street art ma né quelle da me prodotte né quelle trovate mi soddisfavano.

Poi, un giorno, mentre facevo degli approfondimenti su Gesù Cristo e la sua opera, sentii una dichiarazione di Yogananda (NdR, un famoso guru e filosofo indiano, 1893-1952) che sosteneva quanto il Cristo dipinto da Heinrich Hofmann fosse il più verosimile all’originale, avendo Yogananda stesso assistito in prima persona ad una delle visioni di Teresa Neumann (NdR, mistica cattolica tedesca, 1898-1962, il cui processo di beatificazione è ancora in corso).
Quindi andai immediatamente alla ricerca del dipinto e appena lo vidi seppi immediatamente che era quello il Cristo da portare in strada.

La mia intenzione era quella di creare un campo di coscienza cristica e offrire un simbolo capace di ristabilire immediatamente la connessione tra l’essere umano e la sua essenza nel quotidiano dove tutti noi siamo sempre soggetti a continue informazioni (alcune di queste molto poco edificanti)… e così ho fatto.

Come hai fatto a scoprire che il Vaticano aveva preso la tua opera senza citarti?

Me lo ha segnalato Rita Restifo, una tra le più esperte e rinomate fotografe di street art.

Come ti sei sentita quando l’hai scoperto?

Lì per lì pensavo fosse uno scherzo poi, quando ho capito che non si trattava di uno scherzo, devo dire che ho provato differenti emozioni. Sicuramente ho sentito che mi ero fatta strumento di un disegno più grande e soprattutto che la mia intenzione era stata accolta.

Cosa hai fatto per dimostrare che eri tu la vera autrice?

Onestamente non ho dovuto fare molto, considerato che, per quanto io abbia volutamente tenere un basso profilo in questi anni, il mio lavoro è conosciuto dagli esperti del settore.
Basta andare su Google e digitare tre parole chiave: Cristo, Street Art, Roma e, in merito a quest’opera,  si risale subito a me.

Un giornalista in particolare, Danilo Bogoni, è stato molto disponibile e gentile nel creare immediatamente una comunicazione tra me e il Vaticano.

Alla fine di questa storia ti è stata riconosciuta la paternità dell’opera?

La paternità dell’opera mi è stata riconosciuta ma ancora non siamo alla “fine della storia” considerato che, a causa di questo Covid-19, si è fermato tutto.

Ti è successo altre volte di essere stata copiata?

Due note case di moda hanno usato rispettivamente un mio disegno su una giacca e un mio progetto per un’intera collezione. Un’istituzione italiana ha usato un hashtag creato da uno dei miei team di lavoro per lanciare una campagna sociale. Una mia performance è stata rifatta da una modella ed un’altra da una società di tecnologia.

Un altro mio progetto è  stato ripreso totalmente da un Comune di una città e potrei continuare a citare casi su casi. Ormai non so più quante immagini, video, idee e progetti mi hanno plagiato, e non solo artisti… anche durante questa quarantena.

Una volta addirittura avevo regalato un disegno ad un mio “amico” pittore in Australia e lui lo ha venduto come se fosse suo. Solo pochi giorni fa ne è successa un’altra… ma preferisco fermarmi qui e concentrarmi su tutte le opere d’arte che ancora voglio realizzare.
Ognuno è responsabile di sé stesso.

Proteggi il diritto d’autore delle tue opere?

Sto imparando a farlo e a tutt’oggi mi rimane ancora molto difficile pensare in questi termini. Nel frattempo però mi sono adeguata e sono stata costretta a cancellare dal web quasi tutti i miei account e i miei lavori lasciando veramente poche cose (NdR, il diritto d’autore non impedisce la diffusione delle idee e tutela le creazioni conferendo ancora piu valore ai tuoi progetti).
Non appena mi organizzo meglio rimetterò tutto on-line.

In Italia e all’estero c’è poca propensione al riconoscimento delle opere di street art. Perché secondo te è così difficile?

Penso che ci sia un gap culturale considerato che la street art nasce e si esprime al di fuori dei soliti canali e dei luoghi riconosciuti e istituzionali. Le cose ora sono cambiate e continuano a cambiare costringendoci costantemente a domandarci cosa è arte e cosa non lo è.

* Credits to Valentino Bonacquisti (per l’immagine di copertina)

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